Questa notte un pensiero mi ha intristito: si tratta del solito, vecchio problema dei patrigni...mentre un genitore ha la certezza che, nonostante gli errori che commetterà, sarà sempre il padre(o la madre) dei propri figli, nel bene o nel male, il genitore acquisito si trova in tutt'altra situazione...sicuramente fa gli stessi sacrifici dei genitori normali, investe allo stesso modo il proprio tempo e i propri soldi, butta tutte le proprie energie ma senza alcuna certezza....
Per certi versi è un ruolo poco invidiabile....un patrigno non può permettersi di sbagliare, non può permettersi di esagerare o di perdere la pazienza, non può mostrarsi iniquo senza rischiare la frase che più temiamo al mondo: "cosa vuoi tu non sei mio padre!"
Con questo, come ho già detto in passato, non intendo dire che non si devono educare i figli acquisiti: tuttavia ritengo che si ha un margine di errore molto più risicato...e questo è un gran problema....
Infatti sfido chiunque a essere sempre paziente, sempre disponibile, sempre attento a distinguere capricci da esigenze...a tutti capita la giornataccia, a tutti capitano mille problemi che fanno, appena tornati a casa, perdere la pazienza alla minima cazzata...siamo umani capitano di queste giornate....
Beh nella situazione in cui mi trovo ho paura che quando la bimba sarà più grande non tollererà da me certi comportamenti che magari tollererebbe in un padre: come se, il mettere il seme, sia diritto ad una specie di bonus nella vita che il patrigno, ovviamente, non ha....
Tutto questo mi sembra profondamente ingiusto...sinceramente sono fermamente convinto che il padre sia un RUOLO e non un DIRITTO...nel senso che dovrebbe essere tributario dell'affetto del figlio la figura che si occupa di crescerlo, di educarlo, di non fargli mancare niente; e non chi invece ha semplicemente, in pochi minuti, elargito un pò del proprio seme....
Tuttavia la società, o la consuetudine se vogliamo, da una certa importanza ai padri naturali, anche a quelli indegni di essere definiti uomini.
Questo non vuol essere un attacco ai padri naturali...ci sono storie che finiscono fra uomini e donne e che lasciano dei bambini...può capitare e, per certi versi, è meglio 2 genitori separati che litiganti....l'attacco è rivolto a quei padri e quelle madri che, dopo la separazione, trascurano i proprio figli, si riguadagnano la libertà perduta e lasciano l'altra metà ad accollarsi pienamente della crescita del figlio, pretendendo di vederlo come e quando vogliono come se fosse un diritto che non nasconde doveri....
Questa vuole essere invece una difesa per tutti quegli uomini e donne che, fidanzandosi con qualcuno che ha già dei figli, li aiutano, materialmente e non, a crescerli e ad educarli...senza avere alcuna garanzia sull'affetto futuro dei pargoli...
Però si sa che nel mondo c'è chi fa i danni e chi se ne assume la responsalità...io sono dell'idea però che chi fa il danno debba essere costretto a pagare, e pagare ancora...affinchè i suoi errori di gioventù gli rovinino la vita più di quanto essi l'abbiano rovinata a dei poveri bambini.....
Fare il patrigno
sabato 25 settembre 2010
martedì 21 settembre 2010
fare il patrigno vuol dire anche educare
Ora voglio trattare un argomento delicato...
Nelle prime settimane (ricordo sempre che io cito la mia personale esperienza con una bimba di meno di 2 anni) è importante farsi accettare, e questo implica il presentarsi prima come un "amico", come una figura a margine del quadro familiare....ma mano mano che passano i mesi è necessario abbandonare questa figura, specialmente se inizia una convivenza, e assumere un ruolo più autoritario, simile a quello del padre.
Nel mio particolare caso dato l'assenza del padre come educatore ne ho assunto le veci: questo vuol dire che oltre alle più gradita coccole, risa e giochi è necessario porre dei limiti alla bambina e avere la fermezza di farglieli rispettare.
Con questo non voglio dire di assumere quella denominazione negativa tipica che già il nome "patrigno" comporta: voglio dire comportarsi come un padre...quindi fare regali e punire, fare le coccole ma costringerla a fare quelle cose necessarie che non vuole fare.
Cercherò di spiegare anche il perchè di queste affermazioni: se si va a convivere con la propria ragazza e suo figlio non possiamo continuare nel ruolo benevolo di amici: nell'educazione di un bambino è necessaria spesso fermezza, non ci si può commuovere ad ogni piccolo pianto: deve imparare a masticare, deve fare il bagnetto, deve imparare a dormire nel suo lettino e deve imparare cosa può fare e cosa non può fare: già le mamme sono meno intransigenti in questo, la figura del padre è lontana, se non concordate una linea educativa con la vostra donna il bimbo non sarà educato, e chissà come crescerà.
Purtroppo non è una cosa facile, la bimba della mia compagna ha accettato la mia presenza "autoritaria", ma questo vuol dire anche una sua preferenza nei confronti di chi invece non la punisce mai(i nonni, suo padre, gli amichetti) ma purtroppo fa parte del ruolo del genitore anche se, nel mio caso, ho lo svantaggio che non abbiamo legami di sangue...per questo quando sarà più grande presumo accetterà più difficilmente la mia autorità ed avrà sempre pronta nella bocca la frase "cosa vuoi tu, non sei il mio vero padre"...
A questo non si può certo ribattere, ma quando sono uscito con la mia ragazza ed ho deciso di coltivare l'amore che era nato fra di noi ho accettato tutto questo, e per il bene della bimba non posso fare altro che sforzarmi di caricarmi l'onere del padre, senza la certezza di averne poi gli onori......
Nelle prime settimane (ricordo sempre che io cito la mia personale esperienza con una bimba di meno di 2 anni) è importante farsi accettare, e questo implica il presentarsi prima come un "amico", come una figura a margine del quadro familiare....ma mano mano che passano i mesi è necessario abbandonare questa figura, specialmente se inizia una convivenza, e assumere un ruolo più autoritario, simile a quello del padre.
Nel mio particolare caso dato l'assenza del padre come educatore ne ho assunto le veci: questo vuol dire che oltre alle più gradita coccole, risa e giochi è necessario porre dei limiti alla bambina e avere la fermezza di farglieli rispettare.
Con questo non voglio dire di assumere quella denominazione negativa tipica che già il nome "patrigno" comporta: voglio dire comportarsi come un padre...quindi fare regali e punire, fare le coccole ma costringerla a fare quelle cose necessarie che non vuole fare.
Cercherò di spiegare anche il perchè di queste affermazioni: se si va a convivere con la propria ragazza e suo figlio non possiamo continuare nel ruolo benevolo di amici: nell'educazione di un bambino è necessaria spesso fermezza, non ci si può commuovere ad ogni piccolo pianto: deve imparare a masticare, deve fare il bagnetto, deve imparare a dormire nel suo lettino e deve imparare cosa può fare e cosa non può fare: già le mamme sono meno intransigenti in questo, la figura del padre è lontana, se non concordate una linea educativa con la vostra donna il bimbo non sarà educato, e chissà come crescerà.
Purtroppo non è una cosa facile, la bimba della mia compagna ha accettato la mia presenza "autoritaria", ma questo vuol dire anche una sua preferenza nei confronti di chi invece non la punisce mai(i nonni, suo padre, gli amichetti) ma purtroppo fa parte del ruolo del genitore anche se, nel mio caso, ho lo svantaggio che non abbiamo legami di sangue...per questo quando sarà più grande presumo accetterà più difficilmente la mia autorità ed avrà sempre pronta nella bocca la frase "cosa vuoi tu, non sei il mio vero padre"...
A questo non si può certo ribattere, ma quando sono uscito con la mia ragazza ed ho deciso di coltivare l'amore che era nato fra di noi ho accettato tutto questo, e per il bene della bimba non posso fare altro che sforzarmi di caricarmi l'onere del padre, senza la certezza di averne poi gli onori......
sabato 18 settembre 2010
Per iniziare: farsi accettare
Salve a tutti,
Innanzitutto voglio giustificare il mio nickname... Temujin è il nome di Gengis Khan che in lingua mongola dovrebbe voler dire, più o meno, capo del grande oceano...insomma il grande capo mongolo...
Ho scelto questo nome in seguito alla lettura dei romanzi di CONN IGULDENN sul grande condottiero...
Devo dire che i suoi racconti mi hanno largamente "emozionato" e mi hanno fatto dubitare sulla bontà della vita occidentale...
Mi ha particolarmente stupito quando i Cinesi (allora chiamati Chin) volevano comprare la pace con doni e ricchezze e un mongolo spiega come questa cosa non ha senso...Perchè doveva accettare in dono ciò che poteva prendersi con la forza? Infatti per un mongolo contava solo ciò che poteva portarsi sul suo cavallo e null'altro al mondo.
Questo modo di pensare di un popolo sicuramente abituato a vivere di stenti e a massacrarsi quotidianamente è quasi estinto nel mondo di oggi, ma ci fa pensare che una volta gli uomini si accontentavano di molto meno, che non desideravano case, macchine e crociere ma semplicemente sopravvivere all'inverno.
Comunque sto divagando, vediamo di partire dall'inizio....
il 28 febbraio del 2010 sono uscito con una ragazza di cui già sapevo che aveva una bimba, in realtà per parlare di tutt'altro che una relazione, ma Cupido se ne frega delle nostre intenzioni ed è scattato l'amore...
Data la presenza della piccola abbiamo evitato di affrettarci, abbiamo pensato bene alle implicazioni che avrebbe portato tale relazione...ma nonostante dubbi e paure ci siamo buttati a capofitto in questa nuova "avventura".
Dopo che ci frequentavamo da circa un mese abbiamo deciso che era il momento per me e la bimba di incontrarci... devo ammettere che ero emozionato come uno scolaretto al suo primo giorno di scuola, anche perchè non ero per niente abituato a trattare con dei bambini così piccoli.... Comunque sia uscimmo "a tre" e mi dovetti scontrare contro un legame fortissimo mamma figlia, che male accettava intromissioni.
Ripensandoci sono proprio felice di due cose, innanzitutto che sia una bambina, meno "gelosa" della madre rispetto ad un maschietto, e che in secondo luogo fosse così piccola (13 mesi) e così abituata ad avere una famiglia "allargata" da riuscire ad accettare la mia presenza in un breve periodo.
Comunque i primi incontri furono un disastro...non ne voleva sapere di essere portata in braccio da me, non riusciva ancora a camminare ne a gattonare e difficilmente si staccava dalla madre...
Ho scoperto mio malgrado che, finchè sono così piccoli(e ad un anno e mezzo ancora è vero) non si può comprare la loro amicizia o il loro affetto con un regalo: non lo apprezzano ne si rendono conto di cosa sia un regalo... l'unico modo è cercare di farli abituare a voi gradualmente.
Per esempio la prima volta che li vedete non obbligateli a venirvi in braccio, non vogliate per forza farli ridere, entrate in punta di piedi nella loro vita e cercate di imporvici piano piano.
Non ricordo esattamente le tappe della mia conoscenza con la bimba, ma ricordo che piano piano ho cominciato a darle da mangiare io qualche volta, ho imparato a cucinarle, a cambiarle il pannolino; un bambino così piccolo apprezza chi soddisfa le sue esigenze primarie ed, in qualche modo, ci si affeziona.
Poi cominciate a fargli fare quelle cose che sta imparando a fare in quel momento, se sta imparando a camminare non stufatevi di darle la mano per aiutarla, se sta imparando a conoscere gli altri bimbi portatela al parco a giocare con loro.
Una volta che vi ha accettato portatela in giro solo con voi, davanti a tanti estranei sarete voi la sua figura di riferimento e questo contribuirà a farvi entrare nella sua ristretta cerchia di "familiari".
Devo ammettere che ci vuole tanta pazienza: resterete delusi quando dal vostro braccio si mette a piangere per passare a quello della madre o della nonna, morirete dentro quando piangerà senza freno finchè non lo restituirete alla madre: non lasciatevi scoraggiare: coi bambini ci vuole tempo.
Un'altra cosa che mi ha sicuramente aiutato nel diventare una persona importante per lei è addormentarla la sera: per la madre è una cosa a volte stressante e stancante: se la bimba è troppo stanca faticherà di più ad addormentarsi e se riuscirete a trasmetterle tranquillità cullandola vi si addormenterà in braccio, accettandovi definitivamente.
Per concludere: non bisogna avere fretta di farsi accettare, non fare terapie d'urto del genere di buttarla con voi piangente e sperando che prima o poi si abituerà; tuttavia non bisogna esagerare perchè non vi si butterà mai da sola in braccio....deve essere una via di mezzo e capire quando un pianto è disperato e che quindi è meglio che torni dalla madre, e quando un pianto è invece più "finto" e basta mostrarsi determinati per calmarla e raggiungere l'obiettivo più importante: farla stare sola con voi: raggiunto questo obiettivo il resto è praticamente in discesa.....
Innanzitutto voglio giustificare il mio nickname... Temujin è il nome di Gengis Khan che in lingua mongola dovrebbe voler dire, più o meno, capo del grande oceano...insomma il grande capo mongolo...
Ho scelto questo nome in seguito alla lettura dei romanzi di CONN IGULDENN sul grande condottiero...
Devo dire che i suoi racconti mi hanno largamente "emozionato" e mi hanno fatto dubitare sulla bontà della vita occidentale...
Mi ha particolarmente stupito quando i Cinesi (allora chiamati Chin) volevano comprare la pace con doni e ricchezze e un mongolo spiega come questa cosa non ha senso...Perchè doveva accettare in dono ciò che poteva prendersi con la forza? Infatti per un mongolo contava solo ciò che poteva portarsi sul suo cavallo e null'altro al mondo.
Questo modo di pensare di un popolo sicuramente abituato a vivere di stenti e a massacrarsi quotidianamente è quasi estinto nel mondo di oggi, ma ci fa pensare che una volta gli uomini si accontentavano di molto meno, che non desideravano case, macchine e crociere ma semplicemente sopravvivere all'inverno.
Comunque sto divagando, vediamo di partire dall'inizio....
il 28 febbraio del 2010 sono uscito con una ragazza di cui già sapevo che aveva una bimba, in realtà per parlare di tutt'altro che una relazione, ma Cupido se ne frega delle nostre intenzioni ed è scattato l'amore...
Data la presenza della piccola abbiamo evitato di affrettarci, abbiamo pensato bene alle implicazioni che avrebbe portato tale relazione...ma nonostante dubbi e paure ci siamo buttati a capofitto in questa nuova "avventura".
Dopo che ci frequentavamo da circa un mese abbiamo deciso che era il momento per me e la bimba di incontrarci... devo ammettere che ero emozionato come uno scolaretto al suo primo giorno di scuola, anche perchè non ero per niente abituato a trattare con dei bambini così piccoli.... Comunque sia uscimmo "a tre" e mi dovetti scontrare contro un legame fortissimo mamma figlia, che male accettava intromissioni.
Ripensandoci sono proprio felice di due cose, innanzitutto che sia una bambina, meno "gelosa" della madre rispetto ad un maschietto, e che in secondo luogo fosse così piccola (13 mesi) e così abituata ad avere una famiglia "allargata" da riuscire ad accettare la mia presenza in un breve periodo.
Comunque i primi incontri furono un disastro...non ne voleva sapere di essere portata in braccio da me, non riusciva ancora a camminare ne a gattonare e difficilmente si staccava dalla madre...
Ho scoperto mio malgrado che, finchè sono così piccoli(e ad un anno e mezzo ancora è vero) non si può comprare la loro amicizia o il loro affetto con un regalo: non lo apprezzano ne si rendono conto di cosa sia un regalo... l'unico modo è cercare di farli abituare a voi gradualmente.
Per esempio la prima volta che li vedete non obbligateli a venirvi in braccio, non vogliate per forza farli ridere, entrate in punta di piedi nella loro vita e cercate di imporvici piano piano.
Non ricordo esattamente le tappe della mia conoscenza con la bimba, ma ricordo che piano piano ho cominciato a darle da mangiare io qualche volta, ho imparato a cucinarle, a cambiarle il pannolino; un bambino così piccolo apprezza chi soddisfa le sue esigenze primarie ed, in qualche modo, ci si affeziona.
Poi cominciate a fargli fare quelle cose che sta imparando a fare in quel momento, se sta imparando a camminare non stufatevi di darle la mano per aiutarla, se sta imparando a conoscere gli altri bimbi portatela al parco a giocare con loro.
Una volta che vi ha accettato portatela in giro solo con voi, davanti a tanti estranei sarete voi la sua figura di riferimento e questo contribuirà a farvi entrare nella sua ristretta cerchia di "familiari".
Devo ammettere che ci vuole tanta pazienza: resterete delusi quando dal vostro braccio si mette a piangere per passare a quello della madre o della nonna, morirete dentro quando piangerà senza freno finchè non lo restituirete alla madre: non lasciatevi scoraggiare: coi bambini ci vuole tempo.
Un'altra cosa che mi ha sicuramente aiutato nel diventare una persona importante per lei è addormentarla la sera: per la madre è una cosa a volte stressante e stancante: se la bimba è troppo stanca faticherà di più ad addormentarsi e se riuscirete a trasmetterle tranquillità cullandola vi si addormenterà in braccio, accettandovi definitivamente.
Per concludere: non bisogna avere fretta di farsi accettare, non fare terapie d'urto del genere di buttarla con voi piangente e sperando che prima o poi si abituerà; tuttavia non bisogna esagerare perchè non vi si butterà mai da sola in braccio....deve essere una via di mezzo e capire quando un pianto è disperato e che quindi è meglio che torni dalla madre, e quando un pianto è invece più "finto" e basta mostrarsi determinati per calmarla e raggiungere l'obiettivo più importante: farla stare sola con voi: raggiunto questo obiettivo il resto è praticamente in discesa.....
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